ACCORDI DI PROSSIMITA’: quando si vuol fare impresa sulle spalle dei Lavoratori

di Vincenzo LAURICELLA

La vigilanza privata, negli anni, ci ha abituati ad ogni genere di deroga e ad ogni sorta di compressione dei diritti.

La deroga alla normativa sui limiti dell’orario di lavoro è ormai normalità e osservare ogni tipo di elasticità ai limiti e alle tutele applicate al personale della security è prassi.

Non avevo, però, ancora visto tutto. Probabilmente, il settore non finirà mai di stupirmi.

Oggi voglio parlarvi di come un contratto di prossimità scritto “ad arte” possa, di fatto, trasferire gli oneri di dell’impresa sui dipendenti.

Vogliamo svolgere attività di vigilanza privata, armata o disarmata che sia, riducendo sostanzialmente i costi e risultando competitivi sul mercato? Lo vogliamo fare in nome della tutela dei livelli occupazionali?
Nessun problema. Corre in nostro aiuto il contratto di prossimità che si applica estensivamente a tutto il personale in forza. Basta trovare un Sindacato disposto a limitare le tutele, la carriera e il mestiere di centinaia di lavoratori ed è presto fatto.

Il tutto, come sempre, verrà fatto in nome della tutela dei vostri interessi e per scongiurare conseguenze peggiori. Non lo fanno mica per agevolare l’impresa. Sarei un malpensante ad intenderla in questo modo. Il Sindacato dovrebbe essere sempre dalla parte dei Lavoratori. Almeno nella sua primaria accezione.

Per comprendere meglio, però, cosa accade quando un Istituto vuole ribaltare i costi dell’impresa sui propri dipendenti, vi riporto un esempio concreto.

Un esempio di contrattazione di prossimità in deroga al CCNL per la vigilanza privata e armata sottoscritto dal Sindacato CISAL e da alcune Associazioni datoriali al quale è giusto dedicare un approfondimento per comprendere fino in fondo questo intenso lavoro di contrattazione e di deroga.

Inizio dalla retribuzione, aspetto essenziale che da subito sembra tracciare la strada che vuole percorrere questo contratto e il collegato contratto di prossimità.

La paga mensile dei disarmati è fissata in 810,00 euro per 182 ore mensili ordinarie: una retribuzione di euro 4,45 lordi all’ora che si spinge oltre quello già previsto dal CCNL per i Fiduciari sottoscritto da CGIL e CISL che si fermava ai 930 mensili per 173 ore mensili. Quello è stato giudicato incostituzionale più di una volta, figuriamoci questo.

Orario di lavoro medio mensile di 182 ore: un coefficiente che peggiora le 173 ore mensili previste dal CCNL più rappresentativo della triplice. Un peggioramento di 9 ore mensili utile per consentire un assottigliamento ulteriore della retribuzione oraria.

Scatti di anzianità congelati per il periodo di applicazione (tre anni) del presente accordo: il dipendente si trova a non maturare il diritto all’anzianità né potrà richiedere in futuro il pagamento di alcuna somma.

Ore intermedie tra un servizio e l’altro non retribuite: anche se dovesse essere prevista la prestazione del servizio giornaliero presso due clienti diversi, il tempo tra un servizio e l’altro non sarà retribuito.

Permessi annuali soppressi: i permessi sono stati ritenuti superflui e, quindi, rinunciabili. In fondo, lavorare 182 ore medie mensili, con un’articolazione di 6 giorni di lavoro e 1 di riposo, può bastare (secondo azienda e sindacato) per garantire il recupero delle energie psico-fisiche. I permessi possono, quindi, essere aboliti.

Indennità unica: il Sindacato si sarà chiesto perché applicare diverse indennità per le diverse tipologie di servizio quando se ne può applicare una forfetizzata da 3,50 euro. Una sola indennità forfetizzata che comprende ogni tipologia di servizio svolto sia diurno che notturno. Perché distinguere professionalità e rischio quando si può forfetizzare ed erogare un’indennità minore?

Dopo avere esaminato alcuni istituti in deroga, possiamo anche andare oltre proseguendo nella nostra lettura.

Divisa ed equipaggiamento: di norma, anzi storicamente, la divisa nella sua interezza e tutti gli strumenti di lavoro necessari allo svolgimento dei servizi vengono forniti dall’istituto che assume la guardia. Potrà essere di buona fattura o potrà essere di materiale scadente, ma è sempre l’istituto a fornirlo. Anche in questo caso, il Sindacato ha valutato l’opportunità di addossare il costo del vestiario ai lavoratori.  È così che l’art.18 dell’accordo di prossimità ricorda ai dipendenti dell’istituto che tutte le spese di vestiario sono interamente a loro carico. Praticamente, il Lavoratore è chiamato a pagarsi la divisa per lavorare. Ciò avviene anche per il costo dei rinnovi del decreto da guardia e per i titoli di polizia che sono a carico del dipendente. I titoli suono suoi, non vorremo mica farli pagare all’Istituto. Questo, presumo, sia stato il ragionamento a monte di tale decisione.

Insomma, un accordo di prossimità che, come avrete anche voi inteso, assicura un’ampia deregolamentazione dei vostri diritti, ma scritto con lo spirito di aiutare il lavoratore a superare questo momentaneo periodo di crisi che l’istituto di vigilanza vive ormai da diversi anni.

Il Sindacato, in astratto, dovrebbe concordare e sottoscrivere questi tipi di accordo al solo fine di garantire ai lavoratori il livello occupazionale. Tuttavia, personalmente, ritengo che far perdere ogni tutela su retribuzione, permessi, ferie, vestiario, indennità e qualche altra cosa che mi sarà sfuggita, non sia davvero un’azione tutelante. Tutelante per chi?

E poi, se ci pensiamo bene, anche l’Ispettorato del Lavoro ha validato questo accordo che ha ricevuto in deposito. Significa che un Organo Ispettivo e di garanzia lo ha ritenuto valido e applicabile. Quindi, forse, la responsabilità circa l’applicazione di questi articolati accordi non è da attribuire solo all’Istituto e al Sindacato che lo scrivono. È anche, e soprattutto aggiungerei, dell’Organo che lo valida.

Perché se è vero che l’istituto mira al proprio interesse e il Sindacato può non tutelare pienamente i diritti dei lavoratori, un Organo Istituzionale non si può permettere la leggerezza di non andare a fondo alla questione e sviscerare ogni singolo articolo al fine di valutare l’opportunità o meno di validare un simile accordo.

Inizio a credere che la colpa maggiore del declino del settore, non sia solo opera delle parti sociali, ma di chi dovrebbe controllare e si volta, ancora una volta, dall’altra parte.


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